Ma sicuro di non essere affetto da cenosillicafobia?

Cari lettrici e lettori,

so che speravate di non rileggermi, ed anche io speravo di non tornare mai più dall’Indonesia ma purtroppo la dura realtà mi ha presentato il conto ed i miei “non faccio questa cosa, ci penso a settembre” si sono presentati puntuali come un orologio a richiedermi attenzione.

Cerco ancora di ignorarli, ma sono un po’ fastidiosi in questi giorni.

Nel frattempo, la capitale della moda si è ripopolata ed oggi mi ha anche regalato ben 25 gradi che mi hanno fatto ancora sperare, non nel ritorno del caldo (perché io odio il caldo) ma nel fatto di poter indossare i sandali con tacco 12 che altrimenti avrebbero fatto da tappezzeria alla mia cantina sino al prossimo anno.

Ciò detto, la mia misantropia non è migliorata, anche se con l’incedere dell’età sono diventata più brava quantomeno a dissimulare evitando che i miei interlocutori possano leggermi il pensiero meglio di Piton in una delle sue migliori lezioni di Legilmanzia (chi non capisce il riferimento sarà bandito per sempre dall’amministratore, grazie).

Ciononostante, vivo un momento di forte socialità nel quale le mie ore di sonno già scarse si sono ulteriormente ridotte per la felicità delle mie occhiaie che non vedevano l’ora di tornare a ricordarmi che non ho più 20 anni.

Le mie uscite si caratterizzano spesso per un pre cena e di una cena (ma non necessariamente, ahimè).

Come tutti gli homo sapiens sanno Milano è la capitale degli aperitivi anche se io non ho mai capito cosa ci sia di così interessante nel morire di fame davanti ad un drink o ad alcuni drinks, ma, a quanto pare, questa pare essere una posizione di minoranza che non trova seguaci nella gente con la quale ultimamente mi accompagno.

Devo per forza premettere che non sono astemia, ma non reggo l’alcool o forse non sono così sicura che mi piaccia (ma questo dovrei non dirlo visto che mi sono appena iscritta ad un corso di sommelier con il quale dovrei trovare la folgorazione sulla via di Damasco e imparare ad apprezzare il nettare degli Dei), in ogni caso non trovo logico passare un paio d’ore bevendo prima di, si spera (perché anche questo non è scontato), andare a cena.

La mia continua ricerca antropologica mi sta portando a fare delle serie riflessioni sulla correttezza dell’abolizione del proibizionismo negli Stati Uniti e sulle ripercussioni che il consumo eccessivo di alcool crea nel cervello dei sedicenti estimatori del vino, ma di questo magari vi parlerò in un altro post.

Ora diciamocelo, non puoi dire ad una persona che credi che sia alcolizzata, non se poi la rivedi il giorno dopo o quantomeno nei giorni a venire.

Ho tentato di tenere la mia opinione chiusa nel cassetto di casa mia, a chiave, ed a non esternala, perché ora sono in quella fase della vita nella quale tutto mi sembra possibile, ma non ci sono riuscita, ho dovuto, ancora una volta, esternare il mio pensiero senza “offendere” il mio interlocutore (consiglio sempre sorriso finale e possibilmente tacco alto).

Come me la sono cavata? Ovvio, con una fantastica parola che mi ha reso anche interessante agli occhi dell’interlocutore (e questo dovrebbe far capire il tenore delle conversazioni tenute davanti a numerosi bicchieri di rosso di cantine blasonate).

Mi sono limitata a dire davanti all’ennesima richiesta al cameriere, mentre stavo morendo di fame e volevo solo andare a casa o a cena: “ma sicuro di non essere affetto da cenosillicafobia?” (sorriso finale, mi raccomando)

È un semplice neologismo che deriva dal deriva dal greco: kenos (vuoto), kylix o silica (vetro o bicchiere) e phobia (paura) e vuol dire letteralmente paura del bicchiere vuoto, come facilmente intuibile.

C’è stato un momento di silenzio e poi risata generale (non so se perché hanno capito o meno, ma oramai ho preso Macchiavelli come guru personale); l’ordine è stato annullato e via in direzione ristorante.

Ancora una volta l’ho scampata, sono uscita illesa dal confronto dialettico e soprattutto sono riuscita a non morire di fame.

Alla prossima parola.

Sentitamente Vostra,

Sally

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